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La madre

Il capitolo conclusivo della trilogia di Florian Zeller

Dal 29 gennaio 2025 al 02 febbraio 2025
Teatro Ebe Stignani Imola IT
Data Ora
29/01/2025 Dalle 21
30/01/2025 Dalle 21
31/01/2025 Dalle 21
01/02/2025 Dalle 15.30
Dalle 21
02/02/2025 Dalle 15.30
Produzione: Compagnia Molière in co-produzione con Teatro di Napoli - Teatro Nazionale, Accademia Perduta/Romagna Teatri
Autore: Florian Zeller
Regista: Marcello Cotugno
Scene: Luigi Ferrigno
Luci: Pietro Sperduti
Costumi: Alessandra Benaduce
Attori: Lunetta Savino, Andrea Renzi, Niccolò Ferrero, Chiarastella Sorrentino

Aiuto regia: Arianna Cremona
Assistente alla regia: Marta Finocchiaro


durata 1 ora e 20 minuti

La storia

Anna è sposata con Pierre ma sembra non provare più alcun sentimento per il marito. Il suo vero amore è il figlio Nicholas che convive con la fidanzata: da quando se n’è andato Anna è precipitata in un vortice di dolore e solitudine che l’ha portata ad assumere psicofarmaci i quali, assieme all'alcool, alterano il suo comportamento.

Lo spettacolo

La madre chiude la trilogia dello sceneggiatore Florian Zeller, iniziata allo Stignani nel 2018 con l’indimenticabile Il Padre con Alessandro Haber e Lucrezia Lante della Rovere e proseguita nella scorsa stagione con l’applauditissimo Il figlio interpretato da Giulio Pranno affiancato da Cesare Bocci e Galatea Ranzi. In questo capitolo conclusivo della trilogia – che nel progetto di Zeller era il primo, anche se i testi non sono collegati se non dal tema della famiglia – la protagonista è Lunetta Savino, diretta da Marcello Cotugno.

Il cast                                  

Lunetta Savino – attrice, scrittrice e conduttrice televisiva – per tutta la sua carriera ha affiancato il teatro al cinema, collaborando con registi del calibro di Garrone, Parenti, Ozpetek e De Sica.

Perché vederlo?

Con La Madre Zeller indaga con estrema acutezza il tema dell’amore materno e le sue possibili derive patologiche. La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, come abbandono del nido, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale. Nella mente della madre si affastellano ora sequenze oniriche ora situazioni iperrealistiche che, alla fine, non sembrano essere né un vero sogno, né la banale realtà del presente, ma una vertigine ipnotica e crudele dalla quale risvegliarsi è impossibile. Ma la responsabilità della solitudine di Anna non sta forse nell’aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni, alle speranze e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore non è forse un cammino che inclina pericolosamente verso la disperazione?

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